Gestire lo stress per prevenire l’invecchiamento

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Quando guardo una mia vecchia foto, mi ritrovo a cercare somiglianze e differenze con il mio aspetto attuale, e spesso si fa strada un senso di tenerezza, nostalgia, talvolta sconcerto per il tempo che passa. 

Nasce una domanda: ma perché il nostro corpo deve invecchiare e poi morire? Sebbene tale questione riguardi tutti, dal filosofo allo scienziato, le possibili risposte saranno estremamente differenti. 

Nel caso della professoressa Elizabeth Blackburn, biologa molecolare, farsi questa domanda ha portato alla scoperta di alcuni meccanismi chiave dell’invecchiamento cellulare. Le sue ricerche sono considerate fondamentali per capire come mai il nostro corpo cambia col passare del tempo, tanto che nel 2009 le sono valse il premio Nobel per la medicina.

Un elisir di eterna giovinezza?

La scoperta della professoressa Blackburn e dei suoi colleghi riguarda l’attività della telomerasi, un enzima in grado di conservare integri i telomeri, sequenze di DNA poste alle estremità dei cromosomi, e di evitarne l’accorciamento. Ma perché la lunghezza dei telomeri è importante? Essi, un tempo ritenuti inutili, sembrano invece giocare un ruolo di primissimo piano nel determinare quanto vivranno le nostre cellule. 

Col passare del tempo, ogni volta che una cellula del nostro corpo si divide, i suoi telomeri si accorciano un po’. Tale accorciamento però può avvenire soltanto un numero limitato di volte, dopodiché la cellula sana smette di crescere e comincia a deteriorarsi.

Inoltre, dal momento che molte patologie dell’età avanzata (come le malattie cardiovascolari, respiratorie, cancro e diabete) hanno come comune denominatore una insufficiente manutenzione dei telomeri, ci si è chiesto se la loro lunghezza potesse essere considerata come un indicatore dello stato di salute ed un predittore di longevità. 

La scoperta di un meccanismo che previene la degenerazione dei telomeri ha suscitato in molti ricercatori la speranza di sintetizzare un miracoloso elisir di lunga vita a base di telomerasi, in grado di mantenerci giovani, sani e di bell’aspetto a tempo indeterminato.

Cercare di impedire alle cellule di degradarsi e morire avrebbe però un grave inconveniente, perché la stessa telomerasi è anche coinvolta nell’insorgenza di molti tumori, permettendo la replicazione all’infinito delle cellule cancerose.

Con l’aumentare delle evidenze, il senso di questi misteriosi meccanismi sembra però sempre più chiaro: l’invecchiamento cellulare sarebbe il prezzo che l’organismo paga per non rischiare di ammalarsi. 

Esiste un delicato equiibrio tra longevità e malattia

Il fatto che i telomeri si accorcino con il passare del tempo farebbe parte di un ingegnoso sistema di auto-protezione delle cellule che, cessando di dividersi e duplicarsi, cominciano ad invecchiare ma allo stesso tempo ostacolano la proliferazione delle cellule cancerogene. 

Secondo alcuni scienziati, il segreto di una vita lunga ed in buona salute potrebbe risiedere quindi in un’attività della telomerasi “ben bilanciata”, ovvero né troppa, né troppo poca. Ma si può fare qualcosa per mantenere la telomerasi a livelli ottimali? 

Sembrerebbe di sì, perché non tutti invecchiano allo stesso modo, e persone della stessa età possono avere telomeri di lunghezza diversa non soltanto per motivi genetici e biologici, ma anche a causa di altri fattori.

Ed è proprio a questo punto che entra in campo la psicologia.

Le influenze psicologiche nell’invecchiamento cellulare

Numerose evidenze dimostrano l’esistenza di un rapporto molto stretto tra sistema nervoso, sistema endocrino ed sistema immunitario. Questi sistemi fondamentali per il mantenimento dell’omeostasi dell’organismo sono collegati tra loro da complessi meccanismi a retroazione, che permettono un’articolata rete di comunicazioni bidirezionali tra eventi mentali, relazionali ed organici.

Le interazioni vanno in due direzioni principali: da un lato eventi stressanti di varia natura possono disregolare il sistema dello stress, modificando l’equilibrio ed il funzionamento del sistema endocrino ed immunitario; d’altra parte un danno o un pericolo per l’organismo che attiva il sistema immunitario comporta l’invio di segnali al sistema nervoso centrale, che a sua volta risponde a livello neuroendocrino e comportamentale, facendoci “sentire” in un certo senso quando c’è una minaccia biologica in atto.

L’esplorazione dei meccanismi neurali, comportamentali e biologici che collegano i fattori psicosociali alle condizioni di salute e malattia riguarda l’ambito della psiconeuroendocrinoimmunologia, una disciplina che sta promuovendo un cambiamento radicale sia nella pratica clinica sia nella concezione di come ci ammaliamo.

Parallelamente è sempre più importante il contributo dell’epigenetica, una branca della genetica che studia le modificazioni che influenzano l’espressione genica di un individuo, che sono ereditabili di generazione in generazione pur non alterando la sequenza del DNA. 

Attraverso i processi epigenetici le emozioni, le relazioni e gli eventi mentali possono tradursi in modulazioni organiche cruciali per l’attività quotidiana di ognuno di noi, dal modo in cui il nostro organismo reagisce allo stress, alla produzione di molecole essenziali per il funzionamento del cervello. 

Il modo in cui reagiamo allo stress influenza la nostra vulnerabilità alle malattie.

Le modificazioni epigenetiche dovute a fattori psicologici, sociali, e ambientali potrebbero giocare quindi un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’organismo e nell’insorgenza di numerose malattie.

Quella che sembra emergere è una più moderna concezione della salute e della malattia in cui il ruolo dei fattori psicologici viene finalmente riconosciuto ed indagato, sia nella ricerca, sia nella cura, sia nella prevenzione e promozione della salute.

Ma c’è di più, perché di recente è stato scoperto che gli stessi fattori psicologici che influenzano il nostro benessere psicofisico e la nostra capacità di difesa dalle malattie possono condizionare anche i delicati meccanismi dell’invecchiamento cellulare.

Secondo le più recenti evidenze provenienti dalla letteratura scientifica, episodi di maltrattamenti, eventi di vita stressanti ed alcune psicopatologie come la depressione sembrano collegati infatti ad un accorciamento dei telomeri, accelerando l’invecchiamento ed aumentando il rischio di malattie legate all’età (Lin et al., 2012; Starkweather et al., 2014). 

Alcuni eventi psicologici e relazionali possono ridurre o accelerare l’invecchiamento?

Piccoli stress crescono

In campo psichiatrico e psicologico sono note da tempo le conseguenze a lungo termine di eventi stressanti o traumatici avvenuti durante lo sviluppo, che a livello fisico si traducono principalmente in alterazioni del sistema dello stress, della funzionalità neurologica ed immunitaria. 

Recentemente è stato dimostrato che alcuni eventi relazionali e psicologici possono alterare lo stato di salute e la fisiologia dei bambini anche a livello genetico, anticipandone il processo di invecchiamento cellulare.

Uno studio longitudinale ha messo a confronto l’adozione con l’istituzionalizzazione in 136 bambini di età inferiore a 30 mesi che vivevano in un orfanotrofio di Bucarest (Drury et al., 2012). Alcuni bambini sono stati affidati a famiglie adottive mentre altri hanno continuato la loro vita nell’istituto. A 30, 42 e 54 mesi i bambini dei due gruppi sono stati confrontati con quelli di un terzo gruppo di bambini mai istituzionalizzati, reclutati nelle cliniche pediatriche della città. I bambini rimasti più tempo in orfanotrofio, con poche cure, scarse attenzioni e una limitata possibilità di formare relazioni significative, presentavano una lunghezza dei telomeri inferiore rispetto agli altri.

L’esposizione a forti stress può accelerare l’invecchiamento genetico, fin da bambini.

Un altro studio ha seguito 1100 famiglie britanniche con gemelli, valutando l’esposizione dei bambini a varie forme di violenza dalla loro nascita ai primi anni di vita, compresa la violenza domestica, il bullismo o maltrattamenti fisici da pare un adulto (Shalev et al., 2013). Dall’analisi dei risultati i ricercatori hanno rilevato che il gruppo dei soggetti con una storia di due o più tipi di esposizione alla violenza mostrava una riduzione dei telomeri significativamente maggiore rispetto agli altri. 

In una ricerca americana su 5000 bambini è stato valutato l’ambiente famigliare in base al livello di istruzione della madre, al rapporto tra i bisogni e il reddito famigliare, all’educazione più o meno severa, alla stabilità della struttura famigliare (Mitchell et al., 2014). I telomeri dei bambini con madri diplomate erano del 32% più lunghi rispetto ai bambini le cui madri non avevano finito la scuola superiore. I bambini provenienti da famiglie stabili avevano i telomeri più lunghi del 40% rispetto ai bambini passati attraverso molti cambiamenti nella struttura famigliare, come quelli aventi genitori con partner multipli.

Alcuni eventi psicologici agiscono nei momenti più delicati dello sviluppo: abusi o traumi infantili impediscono ai telomeri di funzionare anche in età adulta, e addirittura subire gravi stress durante la gravidanza può accelerare l’invecchiamento genetico dei nascituri.

Uno studio ha esaminato giovani donne e uomini sani nati da madri che, durante la gravidanza, avevano sperimentato stress psicosociale in forma di eventi traumatici di vita, come la morte improvvisa o la grave malattia di un parente stretto (Entringer et al., 2011). I risultati indicano che l’esposizione allo stress nella vita intrauterina è un predittore significativo di un invecchiamento accelerato, evidenziato della lunghezza dei telomeri da adulti. Sarebbe interessante capire se possa essere vero anche il contrario.

In quali modi possiamo prevenire l’invecchiamento cellulare?

Le evidenze sono tali per cui attualmente la lunghezza dei telomeri viene considerata come un biomarcatore dello stress cronico, al punto che in Italia potrebbe essere presto introdotto un test genetico che permetterà di sapere se una persona è stata vittima di violenza e maltrattamenti e da quanti anni. 

Le ripercussioni più importanti saranno in ambito clinico ma soprattutto giudiziario, dove forse diventerà possibile documentare con maggior precisione il danno biologico e psicologico causato dall’aver subito violenze e maltrattamenti.

Vivere con stile

Una buona notizia è che prendersi cura della propria salute fisica e psicosociale può influenzare positivamente il livello di invecchiamento cellulare, ritardando la degenerazione dei tessuti e l’insorgenza di numerose malattie.

Un gruppo di pazienti oncologici è stato assegnato ad un programma multidisciplinare di tre mesi (Ornish et al, 2013). Il gruppo sperimentale prevedeva una dieta prevalentemente vegetariana (includendo frutta, verdura e prodotti derivati da farine non raffinate), esercizio fisico moderato (camminata per 30 minuti al giorno sei giorni alla settimana), supporto sociale e pratiche di riduzione dello stress (yoga, meditazione ed esercizi di respirazione). 

Quanto conta lo stile di vita sui processi di invecchiamento?

Rispetto al gruppo di controllo, nei soggetti sottopesti al programma i telomeri si sono allungati di circa il 10 per cento, ed in modo proporzionale al rigore con cui gli individui si sono adeguati al training. Gli effetti inoltre non sono stati temporanei, ma sono rimasti osservabili anche dopo 5 anni. 

Dai risultati della ricerca sembrerebbe quindi che una corretta modificazione del proprio stile di vita potrebbe non solo offrire tutti quei benefici psicologici ed organici che già conosciamo, ma anche incrementare l’attività della telomerasi e prevenire gli effetti dannosi dello stress sulle nostre cellule. 

Secondo i risultati di una recente sperimentazione di Schutte e colleghi (2014) sembra che la partecipazione ad un programma di riduzione dello stress di poche settimane basato sulla meditazione comporti anche un aumento dell’attività della telomerasi. Una semplice pratica quotidiana quindi potrebbe in breve tempo non solo migliorare il nostro benessere psicofisico, ma addirittura ritardare l’invecchiamento a livello intracellulare.

Ridurre lo stress può ritardare l’invecchiamento a livello intracellulare.

Esiste una ricetta per l’invecchiamento positivo?

Mettere in atto cambiamenti positivi dello stile di vita riguardo l’alimentazione, l’attività fisica, il controllo dello stress ed il supporto sociale, oltre che migliorare il proprio benessere potrebbe portare ad un allungamento dei telomeri, aprendo nuove interessanti prospettive di salute per l’età avanzata.

Una ricerca italiana del professor Boccardi e colleghi (2013) ha coinvolto 217 anziani, suddividendoli in gruppi in base all’aderenza più o meno stretta alla dieta mediterranea e analizzandone i globuli bianchi. Una dieta equilibrata influenza l’attività della telomerasi, e tanto più i soggetti seguivano una dieta mediterranea, quanto più l’enzima risultava attivo. L’effetto però sarebbe legato all’equilibrio dei diversi nutrienti, e gli stessi vantaggi non sono raggiungibili attraverso integratori di minerali e vitamine.

Un altro studio ha coinvolto 239 donne in post menopausa, che per un anno hanno fornito informazioni sugli eventi stressanti avvenuti nella loro vita. Le partecipanti allo studio che praticavano attività fisica, dormivano bene e mangiavano correttamente presentavano un minore accorciamento dei telomeri rispetto a quelle che non mantenevano uno stile di vita salutare (Puterman et al., 2014). La cosa interessante è che gli effetti di uno stile di vita corretto si manifestavano anche a parità di eventi stressanti riportati, per cui sembravano avere un’azione mitigatrice rispetto agli accadimenti avversi che possono capitare nella vita. 

Conclusioni

Le ripercussioni delle scoperte presentate sono enormi, così come le possibili aree di applicazione in ambito psicologico, sociale e sanitario. 

La consapevolezza delle complesse interazioni tra i fattori psicosociali, lo stile di vita ed i meccanismi dell’invecchiamento cellulare promette di aiutarci a capire come prenderci cura di noi stessi a tutti i livelli, soprattutto chiarendo il ruolo fondamentale giocato da stress, emozioni, pensieri ed anche comportamenti che mettiamo in atto ogni giorno.

Ma se la biologia può suggerirci come vivere di più ed in buona salute, chi può dirci come impiegare al meglio il tempo che avremo guadagnato? A quel punto toccherà a noi, farci la domanda giusta.

Come possiamo usare al meglio il tempo che abbiamo a disposizione?

Questo articolo è apparso originariamente sulla rivista “Psicologia Contemporanea” n° 248, a pp. 62-67, con il titolo “Prevenire l’invecchiamento: fattori psicologici e degenerazione cellulare”.

Bibliografia

Ornish, D; Lin, J; Chan, JM et al. Effect of comprehensive lifestyle changes on telomerase activity and telomere length in men with biopsy-proven low-risk prostate cancer: 5-year follow-up of a descriptive pilot study. The Lancet Oncology. 2013; 14(11):1112-1120.

Puterman, E; Lin, J; Krauss, J et al. Determinants of telomere attrition over 1 year in healthy older women: stress and health behaviors matter. Molecular Psychiatry. 2014; 10:1038

Schutte, NS; Malouff, JM. A meta-analytic review of the effects of mindfulness meditation on telomerase activity. Psychoneuroendocrinology. 2014; 42:45–48

Boccardi, V; Esposito, A; Rizzo, MR et al. Mediterranean Diet, Telomere Maintenance and Health Status among Elderly. PLoS ONE. 2013; 8(4):e62781.

Drury, SS; Theall, K; Gleason, MM et al. Telomere length and early severe social deprivation: linking early adversity and cellular aging. Molecular Psychiatry. 2012; 17(7):719-27.

Entringer, S; Epel, ES; Kumsta, R et al. Stress exposure in intrauterine life is associated with shorter telomere length in young adulthood. PNAS. 2011; 108(33):E513–E518

Lin, J;, Epel, E; Blackburn, E. Telomeres and lifestyle factors: roles in cellular aging. Mutation Research. 2012; 1;730(1-2):85-9.

Mitchell, C; Hobcraft, J; McLanahan, SS et al. Social disadvantage, genetic sensitivity, and children’s telomere length. PNAS. 2014; 111(16):5944-5949.

Shalev, I; Moffitt, TE; Sugden, K et al.,  Exposure to violence during childhood is associated with telomere erosion from 5 to 10 years of age: a longitudinal study Molecular Psychiatry. 2013; 18:576-581 

Starkweather, AR.; Alhaeeri, AA. et al. An Integrative Review of Factors Associated with Telomere Length and Implications for Biobehavioral Research. Nursing Research. 2014; 63(1):36–50.